Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

venerdì 11 agosto 2017

Il Salento è un'isola!


Come si evince dal disegno e dall’articolo su corriere.it,  nel 2100, secondo la ricostruzione del disegnatore Martin Vargic, alias, Jay Simons, l’Italia sarà parzialmente inondata dal mare. La causa sarà il riscaldamento globale del pianeta che fa sciogliere i ghiacciai ed aumentare il livello dei mari.
Secondo questa ricostruzione Lecce sparirà sotto il mare con Nardò e parte del Salento. Rimarrà fuori il capo di Leuca che diventerà isola.
Detto per inciso, invito gli abitanti di Alessandria ad attrezzarsi, pare infatti che la città sarà meta di turismo balneare. Anche Solero, a occhio e croce, diventerà spiaggia lambita dal mare.
Ma torniamo al Salento. Da tempo sostengo che Lecce ed il Salento leccese hanno le caratteristiche di isola. L’Italia attuale, quella pre alluvione per intenderci, è lunga e stretta, se si parte dall’estremo nord si può passare in ogni città per raggiungere il capo di Leuca. Si può passare da Firenze, Venezia, Bologna, Roma e via dicendo, anche solo per un saluto. E si può passare anche da Brindisi. A Lecce però non si passa, ci si deve voler venire. Occorre la caparbia determinazione nel volerlo fare ad ogni costo, esattamente come nelle isole. Da questo punto di vista il Salento leccese può essere considerato isola. Dell’isola ha molti paralleli: accoglienza, curiosità nel voler capire e sapere, profonda conoscenza e rispetto della sua storia, il sentirsi “altro”, né superiore né inferore, semplicemente “altro”. A volte questo sentirsi altro provoca distacco, ma non è il sentimento prevalente. C’è molta ammirazione (spesso mal riposta) per quanto esiste oltre l’oltre, oltre i confin idell’isola.  Tuttavia amministratori arrembanti contribuiscono non poco a far sì che questa terra venga deprezzata. Cementificano ovunque, qualcuno vuole briatorizzare le coste, altri vogliono far passare tubi di gas nelle spiagge più belle, sono preda di corruzione e via dicendo. Ci sono anche amministratori illuminati però, e non sono pochi.
E nell’isola arrivano i turisti, Briatore ha colonizzato un pezzo di Sardegna, vuole farlo con un pezzo di Salento e portarsi appresso quelli che fingono di ballare la pizzica nelle piazze (ah i sabaudi invasori) e si muovono esattamente come in qualunque discoteca del regno, pardon, della Repubblica. Ignari della storia delle tabacchine e delle tarantate, ignari della storia tout court. Ballano felici e ridenti sulle parole tristi di Kalinifta quando dice:

Le stelle da lassù mi guardano
e con la luna bisbigliano di nascosto
e ridono e mi dicono: "al vento
butti le canzoni, sono perdute".
Buonanotte! Ti lascio e fuggo via
dormi tu che io sono partito triste
ma ovunque io andrò, vagherò, starò,
nel cuore sempre te io porterò.

Ricordo una volta in Sardegna, stavo per imbarcarmi sul traghetto verso Genova ed un conoscente mi disse: “stai andando in Italia?”. Altro da sé, verrebbe da pensare. Le isole sono territori competamente circondati dal mare, poi ci sono persone che sono isole vere e proprie, soli, circondati dalle loro vite, dalle loro solitudini.
Sono isole quelli che camminano guardando lo smartphone,  isolati nella loro solitudine nascosta da finti rapporti con il mondo intero. Interconnessi sempre, il problema è : con chi? Anche loro, se li vuoi contattare, devi conquistarli, come il Salento, accanto a loro forse passi, ma non entri in contatto neppure con uno sguardo, non ne hanno il tempo e la voglia, loro debbono “comunicare”. E vale per giovani e meno giovani, pare una follia collettiva.
Il salentino invece no, ti aspetta con ansia, poi magari bestemmia per il caos, ma questo è altro discorso. Lui sa che chi arriva spesso vuole conquistare, più spesso vuole imparare, capire, sapere, curiosare fra gli ulivi e il profumo di finocchio selvatico. E vuole lasciarsi andare in un mare che parla, come si fa nelle isole.
Le isole, come il Salento, hanno il fascino dell’essere fuori dal mondo, ce ne accorgiamo camminando fra palazzi baronali e chiese barocche, quando i turisti non affollano le strade, e sentiamo i silenzi dei paesi e delle campagne, isole dove falchetti volano alti e dove trovi mare e terra arsa e rossa, o il contadino con l’Apecar che vende prodotti coltivati nel suo orto. Isole sono gli artisti che volevano cambiare il mondo e trovano qui, in fondo al tacco d’Italia, nel finibus terrae, una ragione di vita fra poesie e dipinti. E la luce che pervade e invade, si insinua fra case cadenti e palazzi baronali disabitati e illumina Sant’Oronzo sulla sua colonna. Isole a altre isole.
Isole sono i selfisti, quelli che si fotografano da soli isolati nel loro sorriso “un po’ così”, che subito dopo l’autoscatto sparisce per lasciare spazio solo ad un muso tristanzuolo e solo, “un po’ così”.
 



  

Nessun commento:

Posta un commento