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lunedì 10 dicembre 2018

in ricordo....


La morte è la curva della strada

La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.

(F. Pessoa)


Si affastellano pensieri e ricordi. Stilettate della memoria, momenti ai quali non pensi mai perché è inutile farlo, anzi, a ben vedere non sapevi neppure di avere più. Però al momento giusto eccoli riapparire in una notte di semi insonnia, uno ad uno. E pensi che nessun computer potrà mai avere la capacità del ricordo perché è privo di emozioni, è solo un magazzino asettico di informazioni. Mentre io ricordo da bimbo, quel giorno in cui mi sbucciai, cadendo, un ginocchio, la mano che mi medicò era vera, calda. E i pranzi incasinati da rumori e “stai composto mentre mangi”, e risate, hanno lasciato una piccola emozione che mi porto ancora addosso. E ditelo a un computer di emozionarsi, o di pensare se razionalmente ha sentore di vita dopo la morte.
Macchè, ora è finito un ciclo e rimane la vita nel ricordo di chi rimane, tutto lì. E quando i ricordi sono mille e altri mille allora puoi volare per lungo tempo su un mare infinito.

Ciao Francesca.



venerdì 23 novembre 2018

governi assurdi, Cicerone e notizie


Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?

(Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?
Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà [la tua] sfrenata audacia?) (Cicerone, prima orazione Catilinaria)

Mi è tornato in mente questo incipit di scolastica memoria leggendo le brutte cronache che invadono i nostri giorni.
Leggo di un bimbo, a Venezia, multato di 66 euro per “utilizzo di acceleratore di velocità” (la multa ovviamente è stata comminata al di lui padre). Il terribile “acceleratore di velocità” è noto nel parlare comune come “monopattino”. 
Ora, chissà, aspettiamoci un’ordinanza che vieti di mangiare un panino seduti su una scalinata, additando il reo come fuorilegge pericoloso. Ops, già l’abbiamo, la fece l’ex sindaco di Lecce.
Leggo di una ragazza italiana, cooperante, rapita in Kenia mentre faceva il suo lavoro con i bimbi locali, e leggo di commenti sui social truci, terrificanti, che lasciano impotenti, facendo passare la ragazza come “puttana che doveva starsene a casa” e altri che non cito per carità e buon senso.
Leggo delle ville abusive dei Casamonica finalmente demolite, e della passeggiata fatta dal ministro degli interni e dal presidente del consiglio a vedere uno sfratto come i pensionati curiosi che guardano i lavori nei cantieri. Quasi i due tipi non avessero nulla di più serio da fare se non fare passerella davanti ai cronisti.
Leggo di una nave di Medici Senza Frontiere bloccata perché accusata di gettare rifiuti tossici in mare. Gli stessi MSF che rischiano la loro incolumità per salvare vite umane, secondo gli inquirenti in epoca del governo guidato dai curiosi di sfratti, metterebbero in pericolo la vita e l’ambiente per non fare la raccolta differenziata?
Leggo di una ministra molto attenta alla scelta del suo parrucchiere che dice “l’Europa ci ha bocciato la manovra per colpa dei governi precedenti” nuova versione di “e allora il PD?”. Che è poi la stessa ministressa che in campagna elettorale giurava “NO TAP ora e sempre” e appena arrivata al governo cambiò idea inopinatamente, alla faccia degli elettori salentini che l’avevano elevata al grado di deputatessa. Come si dice: “cornuti e mazziati”.
Leggo che quelli che urlavano contro l’occupazione della TV pubblica da parte della politica, appena al governo si sono spartiti i canali della RAI, “a me l’uno e il tre, a te il due”.  Uno ei primi risultati di questo scempio è stato vedere in TV un tizio che si fa chiamare ministro, tal Toninelli Danilo, gattonare davanti a una classe di bimbi.
Leggo sui social frasi sconvolgenti contro gli immigrati, auspici di morte, di violenze, speranze che dietro ogni stupro ci sia un immigrato, tralasciando il fatto che la maggior parte di omicidi di donne sia fatto da italianissimi mariti o fidanzati che magari votano salvini.
Leggo che movimenti come casa pound o forza nuova, in qualità di accesi sostenitori del governo guidato apparentemente da Conte, nei fatti da Salvini e dal suo secondo Di Maio, sono sdoganati e tutto possono fare. Il governo sgombera un centro con immigrati che si trovano, in inverno, a dormire all’aperto e lascia tranquilli quelli di casa pound che occupano una edificio da decenni. “Pecunia non olet” esattamente come i voti.
Leggo di “prese di coscienza” dei alcuni politici salentini che passano da Forza Italia (il partito guidato da un preguidicato a cui manca solo il reato di abigeato per completare il quadro) alla Lega (il partito guidato da uno che chiamava fino a pochi mesi fa i meridionali “terroni di merda”  condannato a restituire 49 milioni di euro agli italiani, quattrini frodati dal suo partito).
Leggo che ogni cittadino della provincia di Lecce, neonati compresi, gioca d’azzardo (slot, gratta e vinci e compagnia bella) 1200 euro l’anno. Siccome io non gioco qualcuno getta via 2400 euro. E sento la mancanza di sensibilità della politica locale al fenomeno, neppure la notizia ufficiale che sono le mafie a gestire l’azzardo pare spostare l’attenzione dei nostri governanti. Informare, fare una piccola campagna, costruire regolamenti cittadini sulla materia, tutto sotto traccia, sotto silenzio. Forse non è un problema.
Il tutto condito da ondate mai viste prima di xenofobia, razzismo e inneggiamenti al pugno di ferro contro immigrati che arrivano qui pieni solo di voglia di vivere e si trovano a sopravvivere malamente per un’Europa assente e un’Italia forte con i deboli e debole con i forti. Con tutti i TG e i giornali pieni di quella cosa stramba che non conoscevamo fino a 15 anni fa: lo spread.
Intanto, mentre il governo dei peggiori sgoverna, le opposizioni si sfaldano come neve al sole. Il PD si presenta al suo congresso con sette candidati in lotta fra loro, quasi fosse un partito vero che non è sceso in pochi mesi dal 40 al 18% dei voti. Il resto delle sinistrate sinistre alle prese con miniscissioni di minimovimenti litigiosi quanto inutili perché rappresentano poco meno del 2% degli elettori.
Insomma, è un quadro desolante quello che leggo. Raccapricciante a fronte dei problemi reali, della mancanza di soldi, della disoccupazione, delle famiglie che non si curano più perché non possono reggere economicamente il costo delle cure. Raccapricciante perché il paese cade a pezzi per mancanza di manutenzione del territorio: fiumi che invadono ed esondano, ponti che crollano, paesi distrutti da terremoti e mai ricostruiti, e potremmo proseguire. Tuttavia, leggo sondaggi che assegnano agli attuali governanti addirittura il 60% dei consensi. Pur prendendo con le pinze questo dato è preoccupante sapere che troppe persone diano fiducia a politici incapaci, xenofobi, figli della primissima repubblica, quella delle banane, quando litigano e si ricattano con voti segreti “io voto il tuo decreto, tu vota il mio altrimenti è guerra”.
La domanda che si impone è di antica memoria: “che fare?”
Senza partiti di riferimento, senza leader riconoscibili, senza sapere chi votare in caso di elezioni anticipate, cosa rimane? Forse il partire dal basso, dai movimenti, con l’umiltà di parlare con le persone che si incontrano mettendo in luce le assurdità di questo governo non solo inutile, ma dannoso. Forse c’è la necessità di un altro ’68, che metta in discussione l’ordine apparente delle cose. Una rivolta silenziosa, piazze piene di gente che discute, giuste contestazioni a ministresse ben pettinate quanto inutili e dannose, soprattutto con la consapevolezza di voler votare non il meno peggio ma il meglio, e questo meglio occorre cercarlo con attenzione, nonostante una legge elettorale che criminalmente toglie valore alla stessa idea di democrazia intesa come partecipazione.
Utopie? Forse lo sono, però me lo chiedo: quousque tandem abutere patientia nostra?   

lunedì 5 novembre 2018

Dialogo dei ragazzi morti - l'ultimo romanzo di Francesca Caminoli





“…Inventiamoci qualcosa…rompiamo gli schemi. Volevamo cambiare il mondo laggiù e non ci siamo riusciti. Proviamo a farla qui la nostra rivoluzione..”.

Ammetto, ho faticato a metabolizzare “Dialogo dei ragazzi morti” di Francesca Caminoli e Guido Veronesi. Il motivo principale dei tentennamenti è la difficoltà del confronto con la morte e con il dilemma del grande mistero che la avvolge. Una cosa è la razionalità che pretende di farci capire che la morte è banalmente la fine di un ciclo, dopo di che, per chi ha una fede qualunque, l’apertura di un altro momento, diverso è, per chi non ha un aldilà, un paradiso, inferno, ade, regno dei morti a cui credere,  il rendersi conto che il mai più, il nulla e il per sempre, l’eterno, sono concetti astratti e inconcepibili. Siamo qui ed ora, abbiamo un orizzonte che i nostri sensi ci lasciano vedere, l’oltre pensiamo di immaginarlo, il nulla pensiamo di poterlo concepire, in realtà sono concetti fuori dalla nostra portata, siamo confortati solo dalla razionalità, dall’orizzonte che abbraccia lo sguardo.
Francesca ha dovuto e confrontarsi con il dramma forse più grande per un genitore: la perdita del figlio giovanissimo. Guido, pittore e, scopriremo poi, scrittore di piccoli racconti quasi surreali,  decise di porre fine alla sua vita.
Francesca da allora elabora quel lutto anche come scrittrice  (sei i titoli pubblicati con la casa editrice Jaka Book: Il giorno di Bajram, La neve di Hamed, Viaggio in requiem, La guerra di Buobakar, C’erano anche i cani, Perché non mi dai un bacio?).
In “Viaggio in requiem” racconta del suo viaggio, da sola, dalla sua casa di Lucca a Otranto, dove Guido decise di morire, nel viaggio intenso e denso di emozioni, con Guido parla a lungo, racconta, scrive, metabolizza. Solo a Otranto, a un anno esatto dalla morte del ragazzo, decide di lasciarlo andare, libero, finalmente.
Dopo, fra le carte di Guido, vengono fuori sette piccoli racconti, Francesca li elabora e li utilizza per costruire un romanzo agile ma denso di emozioni e di “storia”. Si intravvedono le speranze di una generazione che voleva “cambiare il mondo” e le sconfitte di quella rivoluzione, ancorchè incruenta, che ha sbattuto contro una realtà che spesso diventa “l’inverosimile vero” che ci avvolge. Così sette sono i racconti, come sette erano Guido e i suoi amici che, per scelta o per destino, se ne sono andati troppo presto, in modi diversi ma con destini simili. Forse per il disagio di vivere in un mondo che non consente disagi. Come dice Tre in un passaggio del libro “...abbiamo vissuto con troppa intensità l’angoscia che è insita nel quotidiano vivere di molti, abbiamo vissuto la sensibilità dilatata a tutti gli esseri ed è un carico insopportabile, ma noi abbiamo avuto la forza o il coraggio o la follia, chiamiamola come ci pare, di farcene carico…”, ora, in quell’aldilà immaginato, se ne vogliono fare carico per consentire a chi rimane di vivere con più leggerezza. Queste anime senza nome, chiamate solo con i numeri, da uno a sette, nel loro nuovo mondo, compiono un viaggio varcando anche confini non leciti, attraverso le contraddizioni dell’inverosimile vero, pensando a come eliminare la sofferenza e l’ingiustizia per gli umani che stanno là sotto, magari facendosene carico perché in quel loro nuovo mondo non esiste sofferenza.
Ne scrive mirabilmente  Margherita Loy su Il Fatto Quotidiano:
“Anima il romanzo una grande indignazione per le ingiustizie. I sette ragazzi guardano il mondo eterno in cui si muovono, in cui non c’è più sofferenza o morte, e si chiedono perché non rovesciare le cose, e far accadere il male dove questo non può nuocere a nessuno, visto che tutti gli abitatori della vita eterna sono insensibili al dolore. Così il mondo di sotto sarebbe finalmente libero dalla violenza, dalla miseria, dalle ingiustizie”.
Poi quegli arcobaleni dipinti sui muri.
Non è, in fondo, un rimpianto per le rivoluzioni mancate, è la consapevolezza di una speranza che non sa morire.

Francesca Caminoli e Guido Veronesi – Dialogo dei ragazzi morti – Jaka Book – Pagg. 87 - €15,00


lunedì 8 ottobre 2018

Leggendo giornali: Ciriè, di Maio, Salvini ecc.


Storie di ordinaria vita di ogni giorno. Succede a Ciriè (To), deliziosa cittadina del canavese, ai piedi delle Alpi. Lui è ricoverato in ospedale, il suo postamat, tanto decantato da Poste Italiane, ed ora passato di mano ad azienda privata che lo gestisce, è scaduto. La figlia non può prelevare i soldi che servono all’anziano padre, si reca all’ufficio postale munita di delega, documenti che  attestano il ricovero del padre, documenti suoi e del genitore. Il solidissimo funzionario delle Poste le dice che non può far nulla, deve recarsi l’interessato personalmente. La richiesta di inviare in ospedale un funzionario cade nel vuoto perché non è possibile assolutamente. In sostanza l’anziano ricoverato si è dovuto fare accompagnare in ambulanza all’ufficio postale per mettere una (UNA) sola firma “sull’apposito modulo”. Ordinaria burocrazia o demenza istituzionale?

Un ministro del lavoro, leggo su La Stampa, pur dichiarandosi (pelosamente) dispiaciuto per le perdite di lavoro, gongola soddisfatto per la chiusura dei giornali che ritiene ostili. Quasi l’informazione dovesse fare come lui fa con Salvini, lo zerbino del più forte. La chiusura di giornali è comunque e sempre una sconfitta, i licenziamenti una sciagura. Che poi queste siano evocate dal ministro (sedicente) del lavoro, allora la farsa diventa dramma.

C’era una volta il santuario dei cetacei. Era fra il Mar Tirreno e il Mar Ligure. In verità ancora esiste, però un “incidente” mette a rischio la vita degli animali protetti e da proteggere. Dopo uno scontro fra due navi 600 meri cubi di olio combustibile stanno allargandosi per 10 Km. quadri di mare. L’apocalisse del buon senso.

“Non ti stupro perché non lo meriti” queste parole sono state pronunciate da Jair Bolsonaro, vincitore alle elezioni in Brasile (ora al ballottaggio non avendo raggiunto ma solo sfiorato il 50% dei suffragi). Il tipo ha alcune caratteristiche che ne denotano la democraticità: sostenitore delle armi, fervente religioso e a favore della famiglia tradizionale, anti-gay e sessista, il suo slogan è "Il Brasile sopra ogni cosa e Dio sopra tutti". Inoltre sostiene che dal ’68 all’85 non ci fu dittatura. Alla faccia dei morti ammazzati dai dittatori militari Humberto de Alencar Castelo Branco.
Chi ha esaltato la sua vittoria in Italia dicendo: “la sinistra sconfitta anche in Brasile il vento è cambiato”? Naturalmente Matteo Salvini a margine di un incontro con la fascista francese Marine Le Pen.

lunedì 17 settembre 2018

Dove succede oltre che in Italia?


Italia si Italia no, la terra dei cachi.
In quale paese democratico il Ministro degli interni, senza atti formali ma comunicandolo su Twitter, tiene in ostaggio una nave del paese di cui è ministro in un porto dello stesso paese impedendo a immigrati, molti dei quali bimbi e donne, di sbarcare? In Italia succede!
https://www.radiopopolare.it/2018/09/se-i-devastatori-scrivono-w-salvini/

In quale paese (addirittura anche non democratico) succede che alcuni criminali razzisti entrino in una scuola, la devastino e scrivano sui muri tracciando svastiche e le parole “Viva Salvini”? In Italia succede. Ora, se Salvini fosse uno dei tanti idioti di casa pound, se fosse un fascistello si forza nuova sarebbe già grave. Il problema è che salvini è il ministro egli interni. Lo stesso che dovrebbe fare in modo che i criminali razzisti finiscano in galera. La cosa diventa, non grave ma gravissima.
In quale paese civile un ministro minaccia, dall’alto della sua carica, di tagliare la pubblicità delle partecipate dello Stato ai giornali che non lo incensano? In Italia Di maio lo fa. Di solito si chiama censura.
In quale paese democratico la TV di stato blocca la fiction che racconta la vicenda di Riace, paese dichiarato morto e risorto grazie alla lungimiranza di un sindaco che ha aperto le porte agli immigrati? Il protagonista della miniserie è Beppe Fiorello, un campione di ascolti. Però è contro la xenofobia del governo Salvini, Toninelli, Di Maio. (Governo Conte? Conte chi?) .
In quale paese democratico la DIGOS perquisisce la casa di una ragazza rea “di terrorismo? Attentati? Detenzione di armi?” chiederete voi, macchè, rea di aver esposto uno striscione dove il ministro degli interni (lo stesso di cui sopra) veniva definito “bimbominchia”. Dovessi scegliere a chi dare ragione…. A proposito, quanto è costato ai contribuenti l’invio di 4 agenti a perquisire una casa per cercare uno striscione?
C’era un film intitolato “non è un paese per vecchi”, questo potremmo intitolarlo “non è un paese civile, è governato da guitti un po’ fascisti e un po’ ….(il resto pensatelo solamente ma non pronunciatelo, potreste trovarvi un elicottero sui tetti di casa con Toninelli che sguaina la spada infuocata per difendere il suo datore di lavoro, Salvini).   

giovedì 13 settembre 2018

Un tramonto, la luna, Guccini





Succede, un giorno di settembre succede. Vai a vedere il mare, in auto musica in sottofondo ai pensieri che vagano. Solo con il cane che ti prima guarda fuori dal finestrino,
poi ti cammina a fianco. Succede che quella musica e le parole di Guccini ti portano lontano nel tempo e nei tempi. Il tramonto è rosso arancio come non lo ricordavo, la luna è una esile falce che si staglia nel cielo dalla parte in cui è già scuro. Il mix è travolgente. Parole, musica, sole che tramonta, la luna  (gobba a ponente luna crescente).
Malefico Guccini che mi porta lontano, indietro, quando parlavamo ore lunghissime in estate, seduti sugli scalini della signora che probabilmente origliava da dietro le persiane. Ma si sa, in paese si origlia. Il pettegolezzo è l’anima dei piccoli paesi. Tutti sanno tutto, o pensano di sapere tutto. “Quei due si stanno separando, l’ho capito perché non vedo la biancheria stesa”. “Ahi ahi ahi, stendi subito le lenzuola per carità, quelle matrimoniali però”.
Senza il pettegolezzo il paese sarebbe una città neppure divertente, dove ognuno si fa i fatti suoi e non ci si conosce neppure con quelli del piano di sopra e quando ti vedi in ascensore parli del tempo o di banalità, sempre le stesse. Mai che uno chieda, che so: “sei felice?” Eppure ce ne sarebbe bisogno di sentirselo chiedere, anche solo per sfogarsi. Come succede a volte in treno, quando durante un viaggio che dura qualche ora va a finire che si parla con un perfetto sconosciuto di cose intime, giusto per parlarne con sé stessi.
Succede che i ricordi si affastellano come quando la giornata inizia aprendo un social, e Paolo ha pubblicato una foto del quotidiano Lotta Continua egli anni ‘70, e vedi che c’è Elio lì nella foto, un
po’ indietro, in secondo piano, però è lui. Con i suoi baffi, con la sua sigaretta che pare sempre la st essa.  Una foto, un tramonto rosso arancio, la falce di luna, Guccini che canta di come eravamo quando si credeva di essere onnipotenti. 
facebook

Succede che ti siedi al tavolino del chiosco davanti al mare, con il tramonto rosso e la falce di luna e Guccini nella testa e senti i ragazzi al tavolino accanto parlare di fidanzate e di moto. Sono belli i
ragazzi che sognano e forse si sentono onnipotenti. “Non fumo mai in casa con la mia compagna, lei non fuma, quindi rispetto la sua scelta”… Il vizio di origliare e di ascoltare il vissuto degli altri in treno non si perde forse mai. In fondo siamo in un grande paese.
Succede che ti prenda una strana nostalgia, saudaji, nostalgia del futuro, come diceva qualcuno. Quel futuro che i ragazzi onnipotenti hanno davanti. Con le loro findanzate che non fumano, le loro moto,
i loro social network che noi non avevamo e che adesso servono ad alcuni ministri per spiegarci come si governa. In 160 caratteri o giù di lì. “Oggi faccio gli auguri alla mia fidanzata che inizia a lavorare e tengo 150 persone a marcire in mare”. “Oggi risolvo il problema dell’ILVA, poi dico che il museo
di Taranto è una merda e mangerò pasta con le cozze”.
Eppure quando eravamo onnipotenti discutevamo ore ed ore  senza social.
E dov’è finto il futuro ora? Quando ci incontriamo magari per caso, scopriamo di essere tutti pensionati, quindi vecchi. E sappiamo, anche se non lo ammetteremo neppure sotto tortura, che l’aspettativa di vita è ridotta all’osso. E magari dobbiamo curarci strambe malattie che ti tolgono il
delirio di onnipotenza e ti portano nel regno degli umani. Il futuro sta in quel tramonto rosso arancio e in quella falce di luna sul mare. Il futuro sta nei pensieri del passato che ti cullano. Nel riconsiderare gli errori fatti e nel rendersi conto i non saperli riparare. Le lacrime di due bimbi che ti rimangono dentro sempre e ti stringono in un groppo il cuore quando ci ripensi. E ci ripensi spesso.
“Un prosecco per favore” dico alla ragazza del chiosco. Lo bevo lentamente, con il cane accanto, con i ragazzi delle moto e delle fidanzate non fumatrici accanto, con il tramonto e la falce di luna.  E con il mare placido che sembra un lago, con onde piccole, eterne anche loro. Le onde che corrodono lentamente la costa.
Ho incontrato il mio amico Nando “ci prendiamo una spremuta? Sono buone qui”. E abbiamo parlato di ambiente, di mare, di lavoro, di strambe malattie che un tempo, quando eravamo onnipotenti, erano degli altri. Mai a noi, per carità, sempre agli altri succedono le cose.
Poi a casa. Vediamo che c’è in TV. E domani è il compleanno Francesca, lei sta là a Genova, la chiamerò. Sarà bello sentirla. Ed è sempre una piccola emozione. In fondo ci amiamo.


venerdì 7 settembre 2018

Dialisi e trapianti di reni, costi


…A metà anno ce l'avevano fatta in 1.622. Ma in lista d'attesa, e chissà da quando e per quanto tempo, c'erano 6.507 pazienti. Che crescono di 2mila di anno in anno. Italiani in attesa di un trapianto di rene, e che invece continuano a sopportare il calvario della dialisi. Un dramma per i pazienti, ma anche un danno economico per il Servizio sanitario nazionale e dunque per le casse pubbliche. Perché col trapianto di rene, a conti fatti, risparmierebbero tutti (soprattutto i pazienti, sia chiaro): il costo sarebbe infatti inferiore del 29% rispetto al trattamento con la dialisi. Il costo medio complessivo di un paziente trapiantato per il Ssn è di 95.247 euro in un periodo di tre anni, quello per un paziente non trapiantato è invece di 123.081 euro…
I costi diretti e indiretti per pazienti e famiglie
Ma secondo l'analisi del Censis vanno considerati anche i costi i economici e sociali legati alla condizione clinica dei pazienti trapiantati e di quelli non trapiantati che rimangono a carico dei pazienti e delle famiglie. A cominciare dai costi diretti e indiretti. I costi diretti comprendono i ticket per le prestazioni ambulatoriali, le parcelle per le prestazioni private, il costo dei farmaci e quelli per l'assistenza personale domiciliare (badante) e per l'aiuto familiare (colf), il costo dei trasporti per raggiungere studi medici, ospedali e ambulatori. I costi indiretti riguardano invece il tempo impiegato per sottoporsi a visite, esami, terapie mediche e ricoveri ospedalieri, compreso il tempo impiegato dai familiari del paziente per accompagnarlo e assisterlo. Nel confronto ancora una volta risulta più vantaggioso il trapianto di rene. I pazienti trapiantati, anche se hanno una serie di limitazioni nella loro vita che si traducono spesso in costi indiretti (soprattutto per quanto riguarda la necessità di sottoporsi a controlli medici frequenti, specie nei primi mesi successivi al trapianto), devono sostenere costi mediamente inferiori rispetto a quelli affrontati dai pazienti non trapiantati. Questi ultimi, infatti, sono costretti a utilizzare un gran numero di ore della settimana (potenzialmente produttive) per sottoporsi alla dialisi.
I costi sociali
Per non dire dei costi sociali. La differenza, infatti, addirittura aumenta ancora se si considerano anche i costi economici e sociali a carico dei pazienti nel periodo di tre anni osservato dalla ricerca. Si tratta complessivamente di 118.028 euro per i trapiantati (95.247 a carico del Ssn e 22.781 a carico dei pazienti e dei loro familiari) e di 165.886 euro per i non trapiantati (rispettivamente 123.081 euro per il Ssn e 42.805 euro per i pazienti e i loro familiari).
(fonte : sole 24 ore).

Quello sopra è l’estratto di un articolo de Il Sole 24 ore, evidenzia come i costi per le dialisi siano molto più alti di quelli dei trapianti.
Rimanendo ai costi diretti, senza considerare quelli indiretti, il disagio psicologico del dializzato che si trova possibilitato si a spostarsi ovunque, ma non senza aver programmato e pianificato per tempo gli spostamenti ecc.
La dialisi può infatti essere devastante, e comunque, al di là del “vedrai che ti abitui” detto in coro da amici e persone che ci vogliono bene, più si va avanti, più si rischia di cadere in depressione perché non ci si abitua a 6 buchi nelle braccia ogni settimana (312 buchi l’anno), al dover trattenersi dal bere quando si ha sete, al mangiare pochissima frutta perché contiene il maledetto potassio. Non ci si abitua facilmente a considerare i giorni pari “di dialisi” e quelli dispari non liberi, ma “in attesa della dialisi di domani”.
Ma torniamo ai costi vivi per il servizio sanitario nazionale.
Come si evince dall’articolo un dializzato costa (senza i costi sociali) 123.081 euro per tre anni (41.027/anno), mentre un trapiantato costa 95.247  (31.749/anno) di soli costi diretti per il SSN. Praticamente 9.278 €/anno per ogni paziente dializzato in più del trapiantato.
A fronte di questi dati sarebbe sicuramente più conveniente da un punto di vista etico, morale, sanitario e di costi vivi, agevolare il percorso del dializzato verso il trapianto.
Per arrivare ad essere messi in lista d’attesa per un trapianto occorre sottoporsi ad una serie infinita di esami. Dalle radiografie di ogni parte del corpo, a elettrocardiogrammi , colonscopie e via dicendo, per un totale di 30 accertamenti. Percorso giusto in quanto il ricevente deve avere tutte le caratteristiche per accogliere un organo che in nessun caso deve essere sprecato. Della carenza di donazioni parleremo in un secondo tempo.
Tuttavia con una sorta di sadismo, il Servizio sanitario, parlo per la Regione Puglia dove sto sperimentandone l’inverosimile vero, prenota gli accertamenti con il CUP e con i suoi tempi biblici. Nel mio caso specifico dovrò aspettare agosto 2019 per una colonscopia (altri esami sono previsti da settembre 2018 a luglio 2019).
Il sadismo sta nel voler fare rosolare il paziente a fuoco lento sulla graticola dell’attesa, quasi in spregio alla sua condizione di paziente. Passati i 60 anni, come sappiamo, le aspettative di vita sono decisamente più basse, rubare anni  (non mesi o giorni) perché il servizio sanitario è allo sfascio è un reato purtroppo non punibile.
Ed è sadismo perché il SSN volutamente e caparbiamente getta via 9.278 € annui dei contribuenti tutti per ogni dializzato potenzialmente trapiantabile. Non scordiamo che il numero dei dializzati in Italia tocca o supera le 50.000 unità. Se solo il 10% avesse accesso al trapianto il SSN risparmierebbe 46.390.000 euro. A fronte di questi infelici dati ci si mobilita cercando luoghi dove c’è attesa minore, per far risparmiare il servizio sanitario, certo, soprattutto nella ricerca di una qualità di vita dignitosa, che valga la pena di essere vissuta. 

mercoledì 5 settembre 2018

6 settembre 1968


Il 6 settembre 1968 era un venerdi. Il sole sorgeva alle 5,42 e tramontava alle 18,34. La luna era piena e si festeggiavano i santi Petronio e Umberto.

Il primo settembre Dubcek fece autocritica (non troppo auto in quanto gli invasori sovietici lo costrinsero a farla). Pochi giorni prima Praga era stata invasa con i carri armati, roba da guerra fredda. Intanto venne reintrodotta la censura sulla stampa.

Vittorio Adorni battè il caimano Eddie Mercks e diventò campione del mondo di ciclismo. Prima di lui gli italiani che tornarono con il premio furono Binda, Guerra, Bartali, Coppi, e Baldini.
Lucio Fontana: Attese, 1965


Il 3 settembre Ignazio Silone vince il Campiello con il romanzo Avventura di un povero cristiano.

Il 4 settembre Giunge a sentenza il processo contro i giornalisti del settimanale L'Espresso sullo scandalo Sifar del Generale dei Carabinieri De Lorenzo.
Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, autori dell'inchiesta sul "Piano Solo", sono condannati a 15 e 14 mesi di reclusione. Il Pm Occorsio si era opposto alla condanna prima che fascicoli venissero coperti dal segreto di Stato. Scalfari e Jannuzzi riescono ad evitare il carcere poiché alle politiche del 1968 erano stati eletti nelle liste del Psi e quindi poterono beneficiare dell'immunità parlamentare.

6 settembre
A Varese muore l'artista Lucio Fontana. Aveva 69 anni.

(notizie ricavate da panorama on line)

sabato 25 agosto 2018

Immigrati, Persone.


“Spezzata, recisa, dimenticata. La radice etimologica di una delle parole chiave del novecento, la parola “persona”, è scomparsa, da tempo, dalla nostra memoria. Uno strano incidente della storia. Eppure è ancora lì, sotto uno strato di terra leggera: basta soffiare via la polvere dell’oblio e la ritroviamo intatta, ancora viva, per miracolo. Al contrario di ciò che si potrebbe immaginare contano poco, nel costruire il significato primo di “persona”, l’idea di indentità, di coscienza, tanto meno di humanitas. Categorie della modernità, incrostazioni della cultura occidentale, sempre preoccupata di associare al termine “persona” un qualche attributo rassicurante: umana, razionale, buona, equilibrata, consapevole. Le origini della persona stanno da tutt’altra parte: non nelle cerimonie secolari dell’era moderna, bensì nei riti arcaici dell’antichità, non nel regno dei vivi e della loro periciclante ragione, bensì nel regno dei morti e delle loro brucianti oscurità…
La parola latina “persona” deriva infatti da un termine estrusco, Phersu da cui proviene a sua volta phersona. Con questa grafia la si ritrova in molte iscrizioni tombali italiche risalenti all’800 avanti Cristo, in particolare nella regione di Chiusi, ed ha un significato ben preciso: sta ad indicare la maschera funebre. Gli etruschi avevano l’usanza, come moltissimi popoli arcaici, di coprire il volto dei morti con una maschera in bronzo o terracotta che riproduceva esattamente il volto del defunto, per proteggere i morti dai demoni, ma anche per essere protetti dai poteri magici che i morti acquisivano una volta giunti nell’oltretomba. Persona era dunque chi aveva oltrepassato la porta simbolica che divide l’universo dei non ancora morti da quello dei non più vivi….
E ancora: Secondo alcuni etimologi illustri, “persona” deriverebbe anche dal latino
per-sonare, ossia, letteralmente, parlare attraverso. Ma attraverso cosa? Una maschera, un’altra maschera, anche se assai diversa da quella che riposa sul volto dei defunti.  E’ la maschera della tragedia attica, ma anche della farsa, l’attore indossava sia per assumere le sembianze del personaggio, sia per amplificare la voce…. Persona in questo caso è dunque chi parla al di fuori di sè stesso, chi mette in scena il tragos, chi getta lontano da sé la propria voce, insomma, chi vuol farsi sentire….

(Dalla prefazione di Guido Barbieri al libro di Lireta Katiaj: Lireta non cede. Ed. Terre di Mezzo)



Persone, maschere, morti nel loro viaggio verso l’aldilà, vivi che recitano, urlano per farsi sentire. Persona, parola che diventa sempre più evanescente in questi tempi cupi per la pietas, per la condivisione, per l’accoglienza. Dietro ogni sguardo, dietro ogni volto ci sta una persona, con un suo vissuto, una storia, mille storie. Invece stiamo omologando tutto su un terreno perfido, infido, irrealmente antidemocratico. “Migranti” “clandestini” “negri” “terroni” “puttane”. Si massifica tutto, e si offre il fianco al peggiori di tutti i mali: il razzismo. Quando un immigrato ruba non è un ladro come il suo omologo italiano, è “vengono tutti qui per rubare”. Esattamente come quando in altri luoghi si diceva “italiani mafia”. E questo modo disumanizzante e massificante di vedere autorizza i più idioti a prendersela con ogni persona di colore diverso dal suo. Fomentati in questo da una “nuova” politica, da un “nuovo” ministro degli interni che nei fatti autorizza a massificare il pensiero anziché farsi carico, come vorrebbero le regole della Democrazia, di distinguere il clandestino dal richiedente asilo, il terrorista dalle migliaia di persone per bene che cercano solo sopravvivenza. Persone, appunto, ognuna con una storia da raccontare, ognuna con degli affetti, figli, mogli, mariti, genitori. Proprio come gli italiani, nello stesso identico modo.
Persona, una parola che dobbiamo ad ogni costo riproporre in ogni luogo, senza più generalizzare, perché se chiamiamo clandestini le persone (una ad una) che chiedono asilo o vogliono solo sopravvivere, diventiamo parte di un gioco terrificante al massacro, la distruzione delle individualità, delle eccellenze, e anche della mediocrità, dignitosa essa stessa perché essere nella media è essere persone a pieno diritto.
Tuttavia la deriva in Italia e in parte dell’Europa è partita, il cancro sta espandendo le sue pericolosissime metastasi. Allora, per citare Lenin, “che fare?” La parte della società, quella che faceva e fa riferimento alle sinistre, ai movimenti che hanno come valore la Democrazia delle Persone, la Costituzione, quegli stessi movimenti che l’hanno difesa da uno stravolgimento iniquo e dannoso, stanno viaggiando da soli, senza un filo rosso che le leghi. Quello che un tempo si chiamava partito, poi movimento, ora è tutto evaporato.  
Gli stravolgimenti dell’ultimo decennio sono stati epocali e catastrofici per il concetto stesso di democrazia parlamentare, si è passati dal ragionamento e dalla discussione, ai tweet, a facebook, a talk show dove chi urla più forte, chi parla sulle parole degli altri, chi santancheizza ha la meglio e divide le persone in fazioni, in guelfi e ghibellini. Si è passati dalle scuole quadri di antica tradizione ai messaggini. Siamo all'assurdo che un ministro degli interni per bloccare una nave italiana in un porto italiano lo comunica su Facebook anziché utilizzare canali istituzionali più dignitosi. Ma per fare scelte dignitose occorre dignità.  Così le persone diventano ostaggi della non comunicazione, o meglio, della comunicazione “di pancia”. “dagli all'immigrato che è il nemico” “Caccia spietata ai venditori di cocco sulle spiagge”. Il tutto mentre ci si dimentica delle mafie, non si fa un accenno che sia uno sulla corruzione, non si risponde a chi chiede che fine abbiano fatto i 49 milioni rubati dalla lega nord, si cacciano i venditori di collanine a un euro e si chiudono due occhi sui grandi evasori.
Che fare allora? Quelle forze democratiche, che ancora vedono le persone, gli individui e non masse indistinte, amalgami informi di ladri, puttane e violentatori, quelle forze che nella società esistono ma sono senza un riferimento politico che debbono fare? Avvoltolarsi negli eterni dibattiti delle sinistre che fanno i distinguo per la differenza del colore degli occhi? Stare ad aspettare il leader carismatico che appena sembra fare capolino viene giustiziato sulla pubblica piazza da gruppetti che assieme contavano il 2% ma che si sono scissi per motivi ignoti ai loro elettori (e molto spesso a loro stessi)? Se ne sono bruciati a decine negli ultimi vent’anni di questi leader più o meno veri, più o meno finti. Si è giocato a birilli con le classi dirigenti. Ora forse, a fronte di una deriva democratica, alla concreta minaccia di restringimento delle libertà individuali, con sottosegretari e ministri che tengono in ostaggio su una nave persone al limite della sopravvivenza, che decretano che i vaccini sono “obbligatori facoltativamente”, che vogliono uscire dall’Europa senza una prospettiva di come farlo e cosa fare dopo. A fronte del rialzare la testa di movimenti fascisti, delle ronde di forza nuova e casa pound che si arrogano il diritto, con il complice silenzio del ministro degli interni, di chiedere la licenza ai venditori di cocco sulle spiagge, forse è il caso di pensare seriamente ad un nuovo CLN che unisca le persone sinceramente democratiche. E sono molte. C’era chi sperava nel movimento SRL della Casaleggio e associati, l’aziendina di famiglia che pilota i cinque stelle, si sperava, forse con qualche ragione, che avrebbero dato uno scossone alla vita politica, invece si sono rivelati la peggior sciagura per la democrazia. Si prostrano ai voleri di quello della lega, gli fanno da scendiletto e avallano, da complici, le sue scelte xenofobe, razziste e antidemocratiche. C’è chi dice che sono ingenui in buona fede, nei fatti però sono colpevolmente complici di questa deriva antidemocratica. Ripartiamo dal basso, facciamo capire ai partiti democratici che stanno all'opposizione a questo governo che esiste una base ampia che vuole ad ogni costo e con ogni strumento riappropriarsi della democrazia. Forse siamo ancora in tempo.    

 



venerdì 10 agosto 2018

Lireta è tornata


Marina di Andrano, luogo stupendo, raccolto. Mare di scogli come in moltissimi luoghi altri del basso Salento. Qui c’è uno stabilimento dove affittano ombrelloni a prezzi modici, e ci sono pedane e scivoli grazie ai quali le carrozzine possono arrivare al mare agevolmente. Qui la sera si respira aria di mare e si vede Marte il rosso lassù, l’inquinamento luminoso è ridotto. Così guardi le stelle e lasci correre i pensieri fra scogli e mare, con una birra fra scogli e mare, con languida malinconia, fra mare e scogli.
Quella sera però lei è tornata a rompere la pacata estate di Andrano, a urlarci forte in faccia l’emergenza che ora non possiamo più ignorare, non ne abbiamo il diritto, l’umanità perduta deve essere ritrovata subito, senza esitazione alcuna.
Paola Roscioli (foto d'archivio)

Lei è la stupenda Paola Roscioli, il regista e l’autore è Mario Perrotta. La piece che hanno ri/proposto è “Lireta che viene dal mare”. Scrivemmo a lungo di questa stessa emozione e del progetto  irripetibile e meraviglioso di qualche tempo fa che si chiamava Versoterra.
Allora a pochi metri da qui, all’Acquaviva, vidi Lireta per la prima volta. Fu emozione. L’altra sera è stata emozione, scoramento, rabbia e tristezza.
E alla fine, ai saluti e al giusto riconoscimento a Paola e ai musicisti che l’hanno accompagnata, si è aggiunta la presenza di Lireta, arrivata appositamente e inaspettatamente con i suoi figli e la sua nuova vita in Sicilia. Lei che dovette sbarcare qui da un gommone, che mostrò la sua forza rabbiosa e fiera a un mondo di uomini indecenti, quelli che hanno perso e fanno perdere l’umanità, a una società che ancora tende a dividere le persone fra “noi” e “loro”. In un Salento che ha accolto con mano tesa, che è emigrato da sempre e prosegue ad emigrare ed ora vede una parte dei suoi figli votare un partito diverso, strano, con un leader che fino a pochi giorni fa cantava e urlava contro i terroni e sperava che venissero lavati tutti quanti dalla lava del Vesuvio, ed ora vuole cacciar via gli emigranti di altri paesi che cercano banalmente di sopravvivere.
E’ stato l’intervento finale del regista Mario Perrotta che ha suscitato quasi lacrime di rabbia, perché i salentini che accolgono, gli italiani che vogliono caparbiamente “restare umani”, non possono e non devono accettare le dichiarazioni indecenti di ministri, sottosegretari (molto spesso zoppicanti nell’uso della lingua italiana, sicuramente ignoranti nella conoscenza della Costituzione).
Lireta Katiaj è arrivata, Lireta voleva contare fagioli ed ha scoperto che l’Italia non era il paese delle meraviglie sognato. Lireta ce l’ha fatta a rinascere mille volte e ad essere più bella che mai. Non ce l’hanno fatta i ragazzi negri crepati in un furgone nel foggiano. Tornavano da raccogliere pomodori, sottopagati, sfruttati, schiavizzati. Il furgone si è scontrato con un  TIR. Ora nei banchi dei supermercati possiamo acquistare sottocosto pomodori belli belli, rossi rossi e dirci fieri “li abbiamo pagati proprio poco”. Ora possiamo.
Intanto un’umanità disperata spara a un nero che passa e dice “volevo sparare a un uccellino”, altra umanità inquieta lancia un uovo a una ragazza nera che è italianissima, e dice “è uno scherzo”. Due ragazzini di poco più di dieci anni sparano un pallino ad un negro e dicono “è stata una goliardata”. Intanto il ministro degli interni emana ordinanze non contro la mafia, la corruzione (e che diamine, uno neppure le mutande verdi con i soldi pubblici può comprarsi?), non contro gli squallidi personaggi del suo stesso partito che hanno rubato 49 milioni di euro pubblici comprandosi lauree in Albania (il paese di Lireta) o diamanti in Tanzania. No, lui stanzia milioni di euro per dare la caccia ai venditori di collanine e di cocco sulle spiagge.    
Ecco, tutto questo è passato davanti nella sera di Lireta, con la commozione per un’interpretazione della Roscioli superba, rabbiosa, fiera.
Un pugno nello stomaco agostano, sotto le stelle, con Marte poco più in là. Tanto vicino che potevi toccarlo. Con il mare che si muove sempre, pacato quella sera. Con il tuo carico di emozioni, scoramento, rabbia. Grazie a Lireta, a Paola, a Mario Perrotta. E al mare.

giovedì 2 agosto 2018

2 agosto, ricordiamo la strage di Bologna e le porcate del governo in carica


Oggi è il due agosto, è doveroso ricordare le 85 vittime della strage di Bologna del due agosto 1980. Una carneficina che ha visto condannati Mambro e Fioravanti ma sulla quale ancora troppe sono le ombre su mandanti ed esecutori. Un processo che forse sarebbe bene rifare per scoprire alla buon’ora la verità su questa e su tutte le stragi fasciste dagli anni ’60 del 900 ad oggi. Rimane una realtà che si sa tutto sul terrorismo rosso, anche il colore delle mutande di Moretti il giorno del rapimento di Aldo Moro, ma pochissimo sulle stragi fasciste, da Piazza Fontana in avanti, insinuando il dubbio che quei quattro imbecilli di estremisti di sinistra quando urlavano “la strage è di stato” non avessero poi tutti i torti. E’ doveroso ricordare perché esiste ancora, amplificato dai social, che osa dire che il fascismo è morto. Non è vero, il fascismo e i suoi tentacoli che si chiamano razzismo, xenofobia, populismo, esistono e sono al governo. E governano contro il volere dei loro elettori e contro le promesse elettorali. Nessun elettore cinque stelle, voglio credere, ha votato per un governo che facesse rimanere in mare dei poveracci. Pochi, voglio credere, hanno votato il movimento per avere diritto ad armarsi e sparare alle ombre che passano nelle vicinanze. In Salento dove la ministressa Lezzi ha preso molti voti li ha presi mentendo spudoratamente sulla TAP, dicendo che avrebbe fatto di tutto per bloccarla.
Il fascismo esiste, è vivo ed è tra noi quando senti di immigrati aggrediti da xenofobi, di ronde di casa pound e di forza nuova come le antiche camice nere che terrorizzarono i nostri nonni e bisnonni che erano semplicemente democratici. Peggio fecero con i socialisti e comunisti.
E veniamo alle cose del governo Salvini/Di Maio/Toninelli. (“E Conte”? “Conte chi”? ) leggo un interessante articolo di B. Manfelotto su l’Espresso della scorsa settimana. Ci racconta come i governanti della “rivoluzione” della “trasparenza” siano rivoluzionari e trasparenti come e peggio di chi li ha preceduti.
Le nomine in varie cariche per esempio, la glorificazione (prima) dei tecnici esperti da parte di Di Maio e grillisti tutti, cozza contro gli esperti che pensano diversamente da loro. Emblematico il caso Boeri che è in procinto di essere cacciato solo perché critica l’operato del governo ed ha dovuto ricordare che i dati non sono negoziabili.
La sottosegretaria all’economia, ci ricorda sempre Manfelotto, Laura Castelli, a proposito delle nomine all’istat ricordava “la necessaria sinergia con la politica per il raggiungimento degli scopi…” ecco, L’ISTAT deve produrre statistiche basate su dati o sui desiderata di Salvini e Toninelli?
E fu lo stesso Salvini a dichiarare “voglio togliere dai posti chiave chi mira a ledere l’operato dei 5 stelle e della lega”. E potremmo proseguire con perle di governo tali da fare accapponare la pelle a chiunque creda nella Costituzione e nella democrazia. Solo Berlusconi, il padre nobile di Salvini, osò tanto. 
Due agosto, ricordiamo!

martedì 31 luglio 2018

l'Italia, il razzismo, la Costituzione

Nell’ultimo mese e mezzo si sono susseguiti diversi episodi di aggressioni ai danni dei migranti o di persone di origine straniera.
Il primo risale all’11 giugno 2018, quando a Caserta due ragazzi immigrati del Mali sono stati aggrediti e feriti al grido di “Salvini Salvini”. I due sono beneficiari del progetto Sprar.
L’episodio è avvenuto intorno alle ore 22, quando i due ragazzi sono stati avvicinati da una Fiat Panda su cui viaggiavano tre ragazzi italiani che hanno sparato alcuni colpi di pistola ad aria compressa.
Uno dei due ragazzi ha riportato ferite lievi al torace. L’altro ragazzo è stato mancato dal colpo.
Il 20 giugno, invece, lo chef 22enne del Mali Konate Bouyagui, in Italia da quattro anni con regolare permesso di soggiorno, è stato colpito a Napoli da un piombino nella pancia sparato da due ragazzi a bordo di un’auto.
Il primo episodio di aggressioni del mese di luglio ha invece coinvolto una bimba rom di un anno, che vive nel campo di via di Salone a Roma.
La bambina è stata ferita alla schiena da un piombino.
La vicenda è accaduta martedì 17 luglio: i familiari hanno raccontato che la bambina si trovava in braccio alla madre, che stava camminando lungo via Palmiro Togliatti, quando la donna si è accorda che la piccola perdeva sangue dalla schiena.
Meno di 10 giorni dopo, il 26 luglio, un migrante originario della Guinea e ospite di un centro di accoglienza di San Cipriano d’Aversa nel Casertano ha denunciato di essere stato colpito in pieno volto con una pistola ad aria compressa.
Il richiedente asilo ha sporto denuncia ai carabinieri.
Sempre in Sicilia, ma questa volta a Partinico, in provincia di Palermo, un ragazzo senegalese di 19 anni, richiedente asilo, è stato aggredito invece da quattro persone il 26 luglio.
Una delle ultime aggressioni ha invece avuto un finale tragico. Nella notte tra il 28 e il 29 luglio ad Aprilia (Latina) un cittadino marocchino è morto dopo essere stato inseguito in auto da due persone convinte che fosse un ladro. (n.d.r. I due si sono difesi dicendo “ci siamo rovinati” Attenzione, non un cenno ad una vita stroncata, no, solo “ci siamo rovinati”)
L’episodio più recente ai danni di migranti o di persone di origine straniera risale al 30 luglio 2018.
Daisy Osakue, 22enne della nazionale italiana di atletica e di origini nigeriane, è stata aggredita a Moncalieri, vicino a Torino.
Daisy, nata a Torino da genitori arrivati in Italia dalla Nigeria, è stata colpita al volto riportando una tumefazione dell’occhio che, ora, mette a serio rischio la sua partecipazione ai campionati Europei Assoluti in programma a Berlino.
L’atleta è stata affiancata da una macchina con a bordo due ragazzi: uno dei due le ha scagliato contro delle uova; gli aggressori sono poi fuggiti.
Nonostante il numero di aggressioni e i diversi episodi di razzismo che hanno interessato l’Italia negli ultimi due mesi il ministro dell’Interno Salvini nega che ci sia un’escalation di razzismo.
“Emergenza razzismo in Italia? Non diciamo sciocchezze”, ha dichiarato il ministro.

Gli episodi riportati sono, purtroppo, solo la punta di un iceberg molto più grande. Sono eclatanti, rumorosi, inquietanti, ma sono il culmine della violenza praticata ogni giorno con parole e ingiurie, sui social e fuori, da personaggi altrettanto inquietanti che solitamente fanno capo a gruppi politici targati Lega, Casa Pound, Forza nuova, Fratelli d’Italia. Altri “benpensanti” parlano magari poco, agiscono magari poco, però annuiscono e dicono che “in fondo se la sono cercata perché ci stanno invadendo”.
E guarda caso gli episodi narrati hanno avuto una solida recrudescenza dalla nascita dell’attuale governo guidato dal leghista Salvini (ricordiamo che la corte ha assolto il segretario di rifondazione per averlo definito nazista), che ha assunto al suo servizio i cinquestellati, in particolare Toninelli che gli regge la coda, i quali sembrano muti (a parte qualche castroneria che vanno dicendo qua e la, a parte anche il rimangiarsi le promesse da campagna elettorale, emblematico il caso della leggiadra ministressa Lezzi che era una pasdaran notap prima delle elezioni ed è diventata una tappista da ministra, in altri momenti lei e i suoi amichetti avrebbero urlato allo scandalo dicendo “quanto ti hanno dato per cambiare posizione?” noi non lo diciamo, però…).
Il primo ministro Conte è un discorso a parte, ricordate gli inossidabili grillisti cosa dicevano di Renzi? “Non è mai stato eletto!!!” bene, appena al governo chiamano un non eletto a fingere di guidarlo. Fingere, perché il timone è solidamente nelle mani di Salvini. E questo ministro degli interni ha messo tutta la sua verve non già contro le mafie, non contro la corruzione,  ma contro barconi di morti di fame che fuggono da guerre, lager e miseria. E lo ha fatto, da ottimo comunicatore, parlando alla pancia del suo elettorato peggiore, il quale fa da cassa di risonanza verso i cittadini che hanno, ora si, paura di questi invasori negri, brutti, sporchi e cattivi. Lo ha fatto lasciando intendere che tutti potranno dotarsi di armi per sparare a chi pensano li minacci (sarebbe interessante sapere quanto hanno donato i costruttori di armi al suo partito), che benedice le “ronde” targate forza nuova e casa pound. Attenti al negro, però lasciamo in pace i mafiosi, per carità, devono lavorare.
E così parte la doppia morale, la doppia etica, davanti alla slot machine si parla degli immigrati che ci rubano il lavoro contemporaneamente si prende a servizio la badante rumena in nero, e ci si rifiuta giustamente di andare a raccogliere pomodori per pochi euro pagando magari i caporali. E il proprietario del campo ha votato lega, con un corto circuito non di poco conto. 
Si inneggia a Salvini che vuole cacciare i venditori di cocco e di collanine dalle spiagge dicendo che sono evasori fiscali e si tratta con l’idraulico “non farmi fattura così risparmio l’IVA”. I detrattori dei negri brutti sporche e cattivi sono i primi clienti di prostitute nigeriane, anche se uno dei loro amati leader, tal Berlusconi Silvio, disse un giorno “mi fa schifo una che va con un negro”. E potremmo proseguire, gli esempi sono molti.
L’unica certezza è che siamo in piena emergenza democratica, gli episodi citati in apertura sono drammaticamente allarmanti per la tenuta stessa della democrazia, e purtroppo non possiamo tener conto dei partiti non di destra perché sono amebe avvoltolate su sé stesse. In primis il PD che discute di questioni interne a fronte dello sfaldamento della società intera (dopo aver sfaldato il partito stesso). Questo fatto ci pone di fronte ad una considerazione sul “che fare” come società civile, democratica, che crede che la Costituzione Italiana sia la migliore possibile e debba essere l’argine ad ogni prevaricazione di stampo fascista e antidemocratico. Ben vengano allora i segnali  da parte di associazioni (ANPI, ARCI, LIBERA per fare un esempio) e dei sindacati, si spera unitariamente coesi per dare una risposta forte a questi sedicenti governanti. Per far capire che esiste un’altra Italia, democratica, antirazzista, umana. Un tempo sarebbero stati i sindacati a convocare uno sciopero generale che spesso contribuiva anche alla caduta dei governi. Ora forse è il caso di riprendere in mano quella forza con determinazione caparbia. Ed è purtroppo indispensabile sostituirsi a quei partiti inesistenti che un tempo avrebbero fatto la differenza. Lasciamo le sinistre tutte a farsi le pulci su chi è più puro di chi e urliamo rabbia. E per farlo forse, più che una grande manifestazione che non consente una partecipazione capillare per problemi logistici e personali, organizzare centinaia di piccole manifestazioni in ogni città, paese, quartiere dove sia possibile trovarsi, parlare, urlare, rivendicare. Seguiamo le associazioni che ci saranno e i sindacati. Qui ed ora si può fare.

domenica 29 luglio 2018

Manfredi, Sirianni, De santis e un'eclisse


Estate strana questa, a giorni alterni, uno si ed uno no. E sarà così sempre. Ogni tanto un guizzo. 
Una sera a Taviano ad ascoltare Max Manfredi e Federico Sirianni. Il primo una conferma, Sirianni una piacevole scoperta. La scuola dei cantautori rivive, quella dei genovesi (che poi non sono neppure troppo tirchi come si vocifera) prosegue con le sue spigolosità, la riottosità, i sorrisi, i pensieri profondi, una sottile vena ironica e una poetica sempre nuova, fresca, antica.
Così le parole de Il Santo “camminava per la strada sotto un cielo anice che faceva la felicità di alcoolisti e daltonici” di Sirianni si (con)fonde con i ritmi greci di Manfredi, con la stupenda Retzina che di greco però ha solo il nome del vino resinoso di quelle terre e con il villaggio indiano (altra stupenda canzone) Qukuwak che altro non è che un display impazzito alla stazione di Voghera. Forse passò da lì Manfredi, sicuramente vide quella scritta stramba, sicuramente invece di sorridere pensò ai nativi americani, a tomahawk e combattimenti con le frecce.
Tutto questo passava nella piccola corte a Taviano, gentile paese salentino, con le sedie tutte occupate, con alcuni anziani del posto che ascoltavano stupiti e forse delusi dalla mancanza di pizzica e taranta. Seduti lì, sedotti dalle parole e musica, i pensieri volano fra le parole cantate e i ricordi, anzi, le emozioni sotto le stelle, al caldo avvolgente dell’estate salentina, scordando i giorni alterni almeno per un momento. Grazie ai cantautori a volte ruvidi, con chitarre che suonano con una leggerezza tale che sembrano  suonare da sole, che i musicisti le sorreggano solamente. I “lupi tristi” e “Byron il poeta” e la “benedetta complicità che unisce le persone” passano nella sera tiepida e volano con i pensieri, impalpabili, nuvole.
Mancava forse un bicchiere di vino per sognare meglio.
E passano i giorni pari e quelli dispari, così ci si ritrova ad ascoltare il poeta salentino Mino de Santis che fra ironie anarcoidi, sberleffi sessantottini e nostalgie che prendono il cuore, con una musicalità ormai matura, permette di passare una serata scordando i pensieri tristi. Osservando le signore in prima fila che conoscono ogni parola della canzoni di Mino perché lui ormai è  la voce di questa parte di Salento (lento lento lento), e qualche sguardo di quelle signore pareva innamorato del cantore delle cose di ogni giorno, con la capacità di trasformare l’agonia del nonno in un momento collettivo e quasi divertente, quel cavallo “malacarne” ribelle che non si lascia piegare dagli ordini del suo padrone. Perché Mino è così, guarda il mondo con gli occhi dell’ironia che non ci stanno all’inverosmile vero che ci avvolge.
E passano altri giorni pari e dispari, fino alla sera dell’eclissi di luna, la luna rossa coperta dalla terra, pare la forza della ragione e della pietas oscurate da un bizzarro gioco di coperture e dall’infilarsi della terra fra sole e luna. In quel momento di buio feroce pare che tutto possa succedere, addirittura che una "razza" che si crede superiore  lasci affogare poveri cristi in nome del "padroni a casa nostra", quasi i confini non fossero bizzarre divisioni, quasi l'umanità si dividesse in puri e impuri.   E pare che, purtroppo, in troppi vogliano inneggiare all’assassinio in mare di altri. Per fortuna l’eclisse dura solo un paio d’ore, poi torna la normalità. Per fortuna.
Al di là di questi pensieri cupi rimane il fatto che abbiamo assistito ad un fenomeno unico nella nostra breve vita, la luna rossa nell’eclisse più lunga del secolo, affiancata dal pianeta rosso vicino come succede solo ogni 15 anni, e là in fondo c'è  il mare. Un mare d’acqua e di pensieri.


venerdì 27 luglio 2018

Salvini, Toninelli (è vero amore?)


E così siamo inciampati nella repubblica detta terza. Il boom di voti alla lega di Salvini e ai cinque stelle di Di Maio ha decretato la nascita del peggior governo della storia repubblicana. In sostanza si sono messi assieme due populismi beceri, uno di dichiarato stampo fascista, xenofobo e razzista, quello di Salvini che è il re del luogo comune e dello sfrugugliare la pancia degli elettori incapaci di discernere fra pericoli reali e fantasmi. Il peana “dagli all’immigrato” è il leit motiv del leghista per nascondere l’incapacità del governo di mantenere promesse come la sciagura flat tax e l’utopia reddito di cittadinanza.  I suoi alleati di governo, i cinquestellati, sono nella scia di Salvini, ininfluenti, senza peso. Si distingue il ministro (ahi come certi ruoli sono finiti in basso, dire ministro un tempo faceva pensare al rispetto per il ruolo, oggi, dopo il ministro Bossi, dopo La Russa, che già avevano dato una bella botta alla credibilità del ruolo, arrivano  le Lezzi, i Centinaio) Toninelli che pare avere come unico ruolo quello di prostrarsi ai piedi di Salvini, fargli da scendiletto e dire sempre si al suo capo.
Però stiamo tranquilli, ci sono cose che passano dalla prima alla terza repubblica. Andrea Mura, per esempio, deputato grillista e velista che, beccato per aver fatto nei primi due mesi di legislatura, il 96% di assenze dall’aula, dice papale papale che la politica lui la fa dalla sua barca, mica ha tempo da perdere in parlamento. E’ vero che poi l’hanno espulso dal partito, però lui l’ha sempre detto ai suoi capi e loro hanno taciuto finchè sono stati beccati con le dita nella marmellata. Berlusconi style si chiama. Ecco perché oggi più che mai la vigilanza della stampa è indispensabile. Giornalisti seri e capaci che portino alla luce le porcate di certa politica.   
Con queste assenze probabilmente il Mura ha voluto anticipare uno dei due padroni del movimento a cui appartiene, tal Casaleggio junior che dice che il parlamento è inutile e che verrà presto sostituito dalla rete. Splendido colpo di genio, la riforma della scuola, discussa al bar “bella tettona” verrà postata su facebook e tutti potranno votarla. Tutti, vabbè in stile grillista ottiene un successo strepitoso chi arriva a 15 voti favorevoli. Su 30 milioni di elettori non è poco. Con buona pace della Costituzione, delle regole, della Democrazia.
E questo governo ha degli alleati veramente decisi, seri, politicamente schierati. Forza nuova, per esempio, stravede per salvini. Casa Pound che a Lecce lo accolse al grido di “duce, duce”. In particolare si è distinto il leader di forza nuova (nuova in cosa poi non si sa, si rifà al duce) Giuliano Castellino che è stato arrestato non per violenza, macchè, ha banalmente frodato un milione e trecentomila euro ottenuti con documentazione falsa come rimborsi per persone intolleranti al glutine. Ancora soldi pubblici, come quelli rubati dalla lega e mai restituiti.
Nel frattempo il governo apparentemente guidato da un tal Conte Giuseppe, un non eletto, ma nominato. E apriamo una doverosa parentesi, chi scrive non ha mai votato PD e non ha mai visto Renzi come uno statista, tuttavia è bene richiamare la memoria alle urla dei grillisti e dei salviniani quando urlavano allo scandalo perché Renzi “non è mai stato eletto”. Ecco, non per dire, ma appena tocca a loro prendono dal cassetto un Conte qualunque, gli danno gli appunti e gli impongono di fare il primo ministro sotto dettatura. In realtà sotto dettatura ci stanno pure i cinque stelle che boccheggiano per star dietro alla verve neofascista di salvini che si atteggia a ministro: dell’interno, degli esteri, dell’economia, della difesa e delle infrastrutture. Immediatamente va a testa bassa contro gli immigrati, dicendo che sono il vero ed unico problema dell’Italia. Al punto di volere (probabilmente per un debito di riconoscenza con i produttori di armi) estenedere il diritto di ogni cittadini dai dieci anni in su di armarsi fino ai denti. E lo fa nel peggiore dei modi, lasciando in mare dei poveracci, proseguendo i terribili accordi minnitiani con la Libia perché se li tenga nei suoi lager, litigando con la Francia, con la Spagna, irritando la Turchia. E siamo solo ai primi mesi. In tutto questo baillamme di politiche economiche, flat tax e reddito di cittadinanza non si parla.
L’unico seguire tenacemente  Salvini prostrandosi ai suoi piedi rimane l’inossidabile Toninelli che, come dice l’Espresso, riesce a mentire spudoratamente dicendo che il governo ha fatto il decreto per la chiusura dei porti (misura infame per una nazione civile) mentre non c’è traccia alcuna del decreto stesso. Insomma, come scrive l’Espresso, Salvini e il governo, anziché formalizzare un atto tanto importante, hanno agito solo su twitter. E siamo all’inizio, è di questi giorni la volontà del sedicente ministro degli interni di voler mettere il crocifisso in ogni luogo, probabilmente anche nella case chiuse che vuole riaprire. Con grandissimo sfregio della religione che viene utilizzata proprio come fanno i fondamentalisti islamici peggiori, per guistificare, in nome di Dio, ogni massacro in mare e non. A questo proposito citiamo Famiglia Cristiana che ha titolato “vade retro Salvini” paragonandolo a Satana?  La domanda è, fino a quando un popolo civile e democratico come quello italiano potrà sopportare questi improvvisatori pericolosissimi per la democrazia?  Continueremo a tacere di fronte a un sottosegretario che vuole uscire dall’euro? A un ministro indagato come Savona che è antieuropeista? Purtroppo il vero vulnus di questa legislatura è la mancanza di un’opposizione credibile. Tralasciamo i berlusconiani, ridotti al lumicino e comunque lontani dall’idea di democrazia compiuta. Parliamo delle ex sinistre, il PD avvoltolato su sé stesso, che prosegue a perdere consensi dopo la catastrofe renziana, il resto delle sinistre che ancora, leggendo sui social, si fa le pulci su chi è più puro di chi. Sbaglierò, però penso veramente che sia l’ora di prendere in mano le cose dal basso, spazzando via definitivamente leader e leaderini. Quelli col cachemire e quelli con la barba. Ripartire dal basso, forse si può.   

mercoledì 13 giugno 2018

estate, rondini e varie amenità

Ph: ilsileno.it
Prima o dopo parleremo di dialisi e simili amenità. Giusto il tempo di rendermi conto di quanto è successo da febbraio a giugno, del perché le gambe e i piedi somigliano a zamponi, del perché la stanchezza e la debolezza. E del perché debbo prendere ogni giorno otto pillole. Pare poco ma abituarsi al nuovo che incombe non sempre è facile ed agile, soprattutto se sei legato a filo doppio ad una macchina che succhia e sputa il tuo sangue depurandolo (assicurano i medici) delle impurità. Prima o dopo parleremo del contraccolpo psicologico che si affronta senza che l’ASL provveda a darti appoggio idoneo, le informazioni che ti arrivano sono tutte dettagliate da un punto di vista medico, ma molto pratiche e con linguaggi che devi imparare a interpretare. Se prima di entrare in quel girone infernale ti occupavi di poesia hai difficoltà. E' vero che, in fondo, non sempre ti interessa più di tanto sapere di arterie, vene, fistole e altre amenità. In fondo sono i medici che debbono curarti. “Voi fate i medici, io faccio il paziente”. Però poi diventi impaziente quando i tempi si dilatano senza che tu capisca perché. E lo diventi ancora di più quando devi fare code di due ore per un prelievo all’ASL, e se lo fai a pagamento in qualunque istituto convenzionato è  immediato.
Prima o dopo parleremo del disagio di un nucleo familiare che si trova ad affrontare un impegno che implica tre mattinate la settimana fuori casa, ogni seduta due buchi in vena. Sei buchi la settimana. Trecentododici buchi l’anno.
Però oggi c’è il sole e non se ne parla. Domattina sarò là ad ascoltare storie di aghi che mancano e a farmi bucare le vene. Oggi no, c’è il sole là fuori, e a San Cataldo c’è un mare che chiama, avvolge, sconvolge. Ci siamo stati ieri sera, per sentire la brezza arrivarci in faccia e ripagarci delle prime afe estive.
Intanto scopriamo un’Italia inedita, strana, a tratti sconvolgente. “Fa bene Salvini a tenerli in mare”. Si, parlano di esseri umani trattati come ostaggi dal governo italiano. Però i più anziani dovrebbero ricordare, se negli anni ’80 del secolo scorso ci avessero detto che   un partito xenofobo e ragazzini complici suoi avrebbero governato l’Italia, probabilmente avremmo sorriso. Invece è successo! Va bene, i partiti che hanno governato negli ultimi 15 anni hanno fatto di tutto perché ciò succedesse, non si sono risparmiati proprio, però gli italiani elettori sono diventati un popolo strano veramente. Meridionali, salentini, che votano un tizio milanese che fino a pochi mesi fa diceva “forza Etna” “Terroni di merda” e cose simili. Persone sedicenti di sinistra che girano la manopola e si convertono a votare un comico che dal vaffanculo urlato nelle piazze passa con disinvoltura a sostenere il partito xenofobo del milanese.  E via a credere che il pericolo unico e vero per l’Italia sia un barcone di immigrati.
Strano paese davvero l’Italia. Strana anche l’Europa però. Il presidente francese dice che l’Italia è criminale perché tiene immigrati in mare. La Francia, grande nazione un tempo, che ha sparato e tenuto in montagna al gelo migliaia di immigrati, provocando ricoveri, malattie, miserie.
Però fuori c’è il sole che splende, e c’è caldo e tepore di un’estate che sta arrivando, c’è profumo di tigli e rondini, a Lecce nel centro storico le rondini sono stupende, tante. All'imbrunire e all'alba è uno spettacolo emozionante.
Ne riparleremo,  ne diremo, di rondini, dialisi e mare. E diremo di pasta con le cozze e dei sorrisi tristi.