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giovedì 4 gennaio 2018

La rivoluzione del sacchetto di plastica ed altre amenità

Il 2018 inizia con una rivoluzione (manco a dirlo on line) e sui social. La rivolta del sacchetto a un centesimo di euro. Ammetto che pare una bizzarria dire “utilizzate sacchetti ecologici però li dovete pagare”, tuttavia le reazioni on line sono state veramente tragicomiche. Pagine e pagine di improperi, prese di posizione, minacce di rivolte e via dicendo. E’ vero quanto sosteneva Umberto Eco forse, quando diceva che il web ha dato:  «diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività»?
Anche perché l’evidenza dice che molti post sui social sono scritti con costosissimi smartphone. 
Comunque è bene ricordare che i sacchetti sempre si sono pagati, solo che prima il loro costo era spalmato nei prodotti ed ora è evidenziato in scontrino.
Ciò che fa specie è invece la virulenza e la tempestività di voci che arrivano da ogni dove e che non si occupano delle pensioni al minimo di 400 euro, di una sanità sempre più per privilegiati, del fatto che moltissimi italiani non vanno dal dentista perché non hanno i quattrini per farlo, dell’inquinamento e via dicendo. Ovviamente qualcuno dirà che ci si deve occupare di ogni problema e che questo è il modo di dire “il problema è un altro”, non penso le cose stiano proprio in questo modo, penso invece che si tratti di soppesare i problemi uno ad uno e non dare per scontato, per esempio, che le pensioni a 400 euro siano ovvie perché scontate, che i rifiuti interrati che causano cancro siano ineluttabili, che la plastica abbandonata nelle spiagge e nelle campagne sia il giusto prezzo da pagare al turismo.
Insomma, il web e i social dovrebbero essere momenti e opportunità per affrontare i problemi in modo complessivo e non impulsivo. 
Penso alla tristissima vicenda TAP, un gasdotto maledetto fatto passando sulla testa delle popolazioni locali, in un territorio fragilissimo che non ha necessità di opere faraoniche, invasive, un’opera che vede presidi permanenti di cittadini osteggiati da forze del disordine in assetto da guerra che nei fatti hanno militarizzato fette di territorio arrivando ad arrestare per una notte 50 manifestanti rei di passeggiare in campagna. Questa vicenda tuttavia non si dovrebbe affrontare dal solo punto di vista di difesa del territorio. A pochi chilometri, con la benedizione dell’amministrazione comunale di Otranto, della Provincia e della Regione, è previsto un gemello di TAP, il gasdotto Poseidon, fortemente voluto, all’epoca da Berlusconi per aiutare il suo amichetto Putin (quello del lettone n.d.r.).
Opera altrettanto invasiva sulla quale pare esserci una cortina di silenzio.
La domanda da farsi, oltre che la ovvia, scontata ed irrinunciabile difesa del territorio, è se non si debba finalmente parlare di come sostituire le fonti di energia fossile con altre ecologiche, compatibili con l’ambiente, pulite. E’ come superare la centrale a carbone più grande ed inquinante d’Europa, quella di Cerano che ha trasformato interi territori in gironi infernale di polvere di carbone, ha inquinato aria e falde, ha impedito la coltivazione di pregiati prodotti quali i carciofi. Il problema è di come superare le morti per cancro di Taranto, con un’industria, anche qui la più grande d’Europa, che ha nei fatti tagliato di netto la prospettiva di vita dei tarantini che si vedono ricattati dalla discussione se sia meglio avere un lavoro o crepare di polveri di ferro.
Abbiamo assistito in questo giorni ad una piroetta degna degli equilibristi del circo Togni, l’ha fatta per noi tutti il viceministro Teresa Bellanova. Ha convocato TAP e i lavoratori di BAT, industria manifattura tabacchi che ha lasciato a casa i lavoratori per palese incapacità amministrativa e per delocalizzare le produzioni, dicendo alla prima di assumere i lavoratori licenziati. Un modo stupendo di tentare di creare fratture tra le popolazioni che si oppongono a TAP,  e i lavoratori che hanno necessità di un posto di lavoro.
Tutto questo vale molto di più di un centesimo per un sacchetto di plastica. Ed è decisamente più dignitoso indignarsi per questi problemi, anche sui social.   



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